Le spade giapponesi tradizionali sono realizzate utilizzando uno speciale acciaio detto “
Tamahagane". Questo acciaio viene ottenuto partendo da una speciale sabbia , di colore nero per via dell’elevatissimo contenuto in ferro, detta “
Satetsu” e presente unicamente nella prefettura giapponese di Shimane. “
Tamahagane" (玉鋼:たまはがね) può essere tradotto come “
acciaio-gioiello”.
Per fare un blocco di Tamahagane è necessario per prima cosa costruire un ricettacolo in argilla. Le dimensioni di questo ricettacolo saranno: altezza 1,2 m, lunghezza 3,7 m, larghezza 1.2 m, con pareti spesse 40 cm. Questo ricettacolo, dotato di opportuni fori di sfiato, per il mantice e di una forma sul fondo atta a ricevere i futuri scarti di fusione, prende il nome di Tatara, e viene riscaldato finchè tutta l’argilla che lo compone non è secca e ben solida. La stessa parola Tatara sembra che in antichità avesse il significato di “
mantice”; è inoltre interessante notare che i kanji di Tatara possono anche essere letti “
fumi-fuigo” ossia “
Mantice (da) piede”. Il termine “
Tatara” sembra possa venire dalla parola mongola “t
atatoru”, che vuol dire “fiamme ruggenti” oppure dal Sanscrito Taatara dove vuol dire “
calore”. In entrambi i casi la parole è associata a un grande apporto di calore, e quindi legata ai processi di fusione. Il Giappone è povero di minerali di ferro ma ricco di sabbie ferrose, quindi questo metodo è stato sviluppato per poter utilizzare queste ultime. Con il tatara è possibile ottenere due tipi di fusione, la kera-oshi, che produce acciaio, e la zuku-oshi che produce ghisa. A noi ovviamente interessa la prima.
Poiché sopra gli 800 gradi la sensibilità all’ossidazione dell’acciaio aumenta enormemente, dei canali di drenaggio sono scavati sotto la fornace e possibilmente il processo avviene nel tardo Gennaio/Inizio Febbraio quando il livello di umidità è al minimo. In tre settimane si possono dunque fare tre cicli.
Il
kera-oshi è un processo che dura 70 ore, ovvero tre giorni e tre notti, ed è per questo detto anche mikka-oshi, o metodo della “pressione per tre giorni”.
L’intero processo è supervisionato dal “Murage”, il capo fonditore che seguirà incessantemente per tutti e tre i giorni (senza mai dormire) il processo di fusione dando indicazioni precise su quando e quanto si dovrà aggiungere in un determinato momento.
A questo punto inizia il vero e proprio processo che porterà ad ottenere lo speciale acciaio,
Si parte accendendo il fuoco alimentato da carbone di pino (talvolta anche di noce), alla fine ne saranno consumate diverse tonnellate.
I fonditori continueranno, seguendo gli ordini del Murage, ad alimentare la fiamma, che al suo massimo raggiungerà una temperatura di circa 1370 C°, poco inferiore a quella di fusione della lega di acciaio, e caratterizzato da una brillante fiamma dorata. ...
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